Instabilità di caviglia

HAI DOLORE ALLA CAVIGLIA O LA SENTI “INSTABILE”?

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FACCIAMO CHIAREZZA: DEFINIZIONI, SEGNI, SINTOMI E DIFFICOLTA’

L’instabilità cronica di caviglia (Cronic Ankle Instability – CAI) è un quadro clinico complesso che colpisce, nella maggior parte dei casi, persone che hanno precedentemente subito una o più distorsioni di caviglia.

I sintomi caratteristici di questa condizione (vedi figura 1) sono:

  • una sensazione soggettiva di instabilità durante le attività della vita quotidiana (domestica, lavorativa o sportiva);
  • dolore che può essere presente: anteriormente, medialmente o lateralmente;
  • “sensazione di gonfiore” (edema) che tende ad aumentare durante la giornata con lo svolgimento delle attività;
  • frequenti episodi di cedimento della caviglia, con o senza molteplici distorsioni.

Questo insieme di sintomi comporta spesso una limitazione funzionale, ad es. difficoltà a camminare su terreni sconnessi o sulla sabbia, difficoltà a fare le scale, ridotta autonomia nel cammino o nella corsa, disturbi nell’esecuzione di gesti atletici come ad esempio il salto.

L’eziopatogenesi (l’origine e lo sviluppo) di della CAI sembra essere legata ad alcuni fattori predisponenti (ad es. lassistà legamentosa costituzionale, alterazioni dell’appoggio plantare, etc.) ed a distorsioni di caviglia recidivanti. Queste ultime solitamente si possono verificare in seguito ad una riabilitazione non adeguata e/o ad un ritorno troppo precoce all’attività sportiva dopo un primo episodio distorsivo. 
Entrando più nello specifico, la lesione legamentosa più o meno grave che si può verificare in seguito ad un primo trauma può portare, ove non trattata adeguatamente, ad un’alterazione strutturale e funzionale dell’apparato capsulo-legamentoso, muscolare e tendineo. Tutto ciò determina anche un’alterazione delle afferenze (“dei segnali che dalla caviglia arrivano al nostro sistema nervoso centrale”) e, di conseguenza, provoca un’alterazione del controllo motorio.

La diagnosi di questa condizione è fondamentalmente clinica, non ci sono esami strumentali quali radiografia, ecografia, RMN o TC che da soli possano individuare la CAI. Infatti, le lesioni strutturali possono o meno essere presenti, mentre l’elemento più caratterizzante risulta essere l’alterazione della funzione.

Il clinico, attraverso il colloquio anamnestico e l’esame fisico, metterà la CAI in diagnosi differenziale con le altre patologie di caviglia-piede

Fondamentale quindi è quindi sottoporsi ad un accurato esame fisico, nel contesto del quale il clinico valuterà:

  • la presenza di limitazioni o eccessi di movimento a livello delle articolazioni della caviglia e/o del piede;
  • la presenza di trigger point o altre aree/strutture dolorabili alla palpazione;
  • le capacità motorie d’interesse, quali equilibrio, forza e coordinazione dell’intero arto inferiore;
  • l’appoggio plantare in statica ed in dinamica, ad es. durante l’attività riferita come difficile o dolorosa;
  • la fisiologia delle articolazioni a monte che, se alterata, può influire negativamente sui sintomi (ad es. le patologie di ginocchio o le problematiche d’anca possono avere un ruolo rilevante nella CAI).

Gli esami strumentali che studiano l’anatomia dei tessuti molli – ecografia e risonanza magnetica – posso essere utili come elemento aggiuntivo, sopratutto nei quadri più complessi, per valutare alterazioni tessutali quali: inspessimento delle guaine tendinee, ipertrofia capsulare, etc.

 

RACCOMANDAZIONI: TERAPIE E COMPORTAMENTI

Innanzitutto è doveroso spendere qualche parola riguardo alla prevenzione dell’instabilità cronica di caviglia: data l’eziopatogenesi, legata a distorsioni recidivanti, dopo un episodio distorsivo di caviglia è fondamentale un intervento riabilitativo appropriato (adeguato e tempestivo). Può essere quindi molto utile una consulenza fisioterapica, nella quale verrà valutata l’indicazione di: immobilizzazione mediante tutore, fasciatura o lo scarico del peso corporeo mediante ausili (ad es. stampella canadese), un programma di esercizio terapeutico (che spesso può essere svolto in autonomia dal Paziente), un intervento ti terapia manuale o strumentale. L’obiettivo è quindi il raggiungimento di una guarigione tessutale corretta e del miglior recupero funzionale possibile. Concludendo questa breve premessa su come non far si che una distorsione esiti in un’instabilità di caviglia, è utile ricordare come i principi da seguire in caso di trauma distorsivo, in acuto, siano gli stessi validi per gli altri traumi a carico dei tessuti molli, che si possono riassumere con l’acronimo PEACE & LOVE.

Se però la CAI si è già instaurata, è necessario affrontarla con gli strumenti più adatti. Sicuramente l’esercizio terapeutico, personalizzato e progressivo, rappresenta la terapia più efficace per questo tipo di quadro clinico. E’ quindi estremamente importante il coinvolgimento attivo del Paziente.
Il programma di esercizio potrà essere portato avanti in gran parte in autonomia da parte del Paziente, ma sarà necessariamente più lungo rispetto.a quello indicato dopo la prima distorsione. Inizierà in modo più analitico per poi divenire sempre più funzionale. Con il termine “funzionale” si fa riferimento in questo caso al fatto che gli esercizi saranno scelti in base alle attività che per il Paziente sono dolorose o difficili, ma che vorrebbe tornare a svolgere, siano esse attività della vita domestica, sportiva, lavorativa, etc.

La terapia manuale, sia sotto forma di manipolazione/mobilizzazione articolare che sotto forma di tecniche mio-fasciali (a livello del tessuto mio-fasciale appunto), può essere un utile strumento coadiuvante. Tali tecniche terapeutiche, infatti, possono aiutare nel ridurre il livello del dolore e nel migliorare la mobilità.

Ma la chirurgia può avere un ruolo? Di base, trattandosi di un problema funzionale, l’approccio d’elezione è quello riabilitativo. La chirurgia può però essere utile nei casi, rari, in cui esiti strutturali ostacolino il recupero (ad es. un’insufficienza legamentosa tale da compromettere irreparabilmente la stabilità anatomica della caviglia).

Inoltre, mentre solitamente nella CAI non sono indicati tutori, fasciature o ausili, possono essere utili delle ortesi plantari che si oppongano all’eccessiva pronazione del piede. Questa, infatti, può essere un fattore contributivo a dolore e sensazione di instabilità.

Infine, specie nei casi in cui l’obiettivo a è il ritorno ad un’attività sportiva o la CAI è presente da diverso tempo, può essere utile che il programma di esercizio terapeutico preveda il recupero della funzione ottimale anche dell’intero arto inferiore e del core addominale; verranno quindi somministrati esercizi quali lo squat, il plank, etc., adattandoli alla specifica condizione (ad es. il plank con piedi in scarico). 

Questa attenzione all’arto inferiore in toto ed al core può essere portata avanti in un secondo momento, in ottica di recupero del gesto atletico e di prevenzione delle recidive, attraverso un programma di riatletizzazione e fisioterapia dello sport.  

 

Contenuti a cura della dott.ssa Veronica Pennella;

revisione testi a cura del dott. Mario De Marco;

grafica e immagini a cura di Emanuele Santi.

 

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